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Cinema/Teatro
Un film che parla (bene, finalmente) di scuola
di Elisabetta Bolondi
Scialla di Francesco Bruni, la sua opera prima, è stato presentato al Festival di Venezia lo scorso settembre e ora nelle sale sta riscuotendo il meritato successo: è davvero un film fatto bene: ben diretto, ben recitato, ben costruito, coinvolgente e nel finale davvero emozionante.
Per una volta gli stereotipi sulla scuola e sui “gggiovani” vengono osservati e descritti con intelligenza e sensibilità, mettendo in piedi una storia di grande e stringente attualità: adolescenti cresciuti in epoca berlusconiana, senza una famiglia solida alle spalle, in una scuola, il liceo classico, per molti aspetti rimasto all’epoca di Gentile, tutti musica, calcio, sballi da discoteca, in una società violenta e competitiva, senza punti di riferimento, dove perdersi è troppo facile…
Luca, il giovane Filippo Scicchitano alla sua prima esperienza cinematografica, frequenta malvolentieri il liceo Virgilio di Roma…..vive con una madre single che, improvvisamente chiamata per un lavoro in Africa, affida il figlio ad un ex professore di lettere, perché lo prenda in casa con lui e ne segua gli studi. Il film gioca tutto sul rapporto tra l’adulto, che scopre di essere il vero padre del quindicenne, e Luca che ignora tale circostanza e vorrebbe vivere il professore come un amico trasgressivo. Un rapporto che si costruisce lentamente, tra padre e figlio, attraverso la crescita e il cambiamento di ambedue i personaggi. Fabrizio Bentivoglio costruisce con la sua fisicità dolente Bruno Beltrame, un professore rassegnato, deluso, stanco, infelice, privo di prospettive, frustrato, alle prese con un ragazzo con tutte le caratteristiche più tipiche degli alunni delle nostre scuole: disinteresse e rifiuto sistematico per tutto ciò che è impegno, studio, metodo, regole, conditi con un linguaggio quasi afasico, la cui password sembra essere quella del titolo: scialla, che insieme a bella (ciao) e accollo ( non mi assumo un impegno) sono gli unici elementi comunicativi che il regista indica con efficacia, salvo poi vedere il mutamento, la crescita di Luca che si collega anche con una crescita linguistica oltre che affettiva. La scuola e gli insegnanti per la prima volta da anni in questo film vedono riconosciuto il proprio ruolo positivo, senza moralismi, ma con serietà. Il professore fallito diventa un personaggio positivo proprio per merito dei suoi alunni ed ex alunni, che gli restituiscono quella dignità che solo la coscienza di aver fatto un buon lavoro con i ragazzi è in grado di rendere bellissimo ed unico il mestiere dell’insegnante, troppo spesso ignorato e deriso.


04-12-2011