Un ricordo della più celebre e sanguinosa battaglia della seconda guerra mondiale, quella terribile ecatombe che vide la distruzione della antica abbazia di Montecassino da parte di quelle che normalmente si chiamano le truppe alleate o gli Angloamericani. Il bellissimo romanzo della italo-polacca Helena Janeczek potrebbe essere solo questo, invece è molto di più. I soldati che perirono nell’inferno di quelle battaglie provenivano da molti luoghi diversi e lontani: Maori della Nuova Zelanda, Indiani, Americani, Polacchi, truppe coloniali francesi, i famosi Marocchini, Italiani. Ognuno fece la sua parte in quei sanguinosi combattimenti voluti da capi spesso in dissidio fra loro, mentre si giocavano partite all’ultimo sangue per accaparrarsi i tesori dell’imminente dopoguerra: spartizioni di terre, di popoli, di responsabilità. L’autrice non si risparmia nella ricerca ostinata di storie di parenti periti nella shoah o miracolosamente sfuggiti alle retate naziste per poi finire nel gelo del gulag sovietico, in lager dove la sofferenza e la privazione della dignità somigliava molto a quella praticata nei luoghi di sterminio del Terzo Reich.
Leggendo questo libro si soffre, ci si confronta con realtà scomode che non conoscevamo nel dettaglio, si devono deporre ideologie e preconcetti, si devono fare conti dolorosi con pagine di storia poco note ma di indicibile sofferenza. La Janeczek ci presenta diversi personaggi: un giovane Maori nipote di un eroe di Montecassino; due ragazzi che vivono nell’opulenta Roma odierna ma provengono dall’India e dalla Polonia e hanno il coraggio di andare alla ricerca di polacchi scomparsi, incontrando un passato sconosciuto che pure appartiene alle loro famiglie e che li farà diventare adulti. A lungo il romanzo si sofferma sui Marocchini che nella loro occupazione della Ciociaria avevano saccheggiato e stuprato sotto l’occhio quasi compiacente degli ufficiali francesi (ma nati in colonia) che li comandavano. Di questo tema scottante aveva parlato solo Moravia ne “La ciociara”, ma ora la Janeczek riprende l’argomento approfondendo responsabilità e colpe, trascinandoci in un consesso alleato complice di delitti mai davvero smascherati.
Il libro è ricco di episodi, pubblici e privati, allegri (poco) e molto commoventi. I tempi del racconto vanno dall’attualità (le manifestazioni recenti degli studenti a Piazza Navona caricati dalla polizia) al passato, in un est europeo dalla complicata geografia e dalla ancor più complessa storia di popoli rivali e violentemente accaniti, soprattutto contro gli ebrei. I grandi della storia, Churchill e Stalin, Alexander e Kesselring, il povero generale polacco Anders, appaiono come tragiche comparse nella lunga e coinvolgente narrazione. Un libro per ripensare tanti stereotipi, per riflettere sulle ragioni di vincitori e vinti, per vedere la storia con occhi finalmente diversi e più consapevoli.
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