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Letture
Un thriller scandinavo anomalo: Sangue di mezz'inverno
di Elisabetta Bolondi
Insolito, complicato, fuori dai clichè ormai consolidati del genere “giallo scandinavo” questo romanzo dal titolo inquietante, “Sangue di mezz’inverno” , ci precipita in una Svezia deserta, gelida, spopolata…..Siamo lontani dalle atmosfere cittadine di romanzi recenti e popolarissimi, e ci troviamo immersi in una sorta di atmosfera bergmaniana, in una scena in bianco a nero dove, da una quercia spoglia, dai rami stecchiti, penzola nudo un morto enorme, un ammasso di ferite congelate, un groviglio sanguinolento che non sembra più avere nulla di umano, tranne gli occhi sbarrati dal terrore, in cui si leggono rabbia e disperazione.Siamo a 30 gradi sottozero, un freddo che impedisce quasi il pensiero, ma la detective Malin Fors e il suo collega Zeke non possono fermarsi anche di fronte a condizioni proibitive: devono trovare il nome della vittima e l’autore di un delitto tanto atroce e dalle evidenti caratteristiche simboliche. Comincia così l’indagine che porta la polizia sulle tracce di una famiglia che da subito si intuisce essere coinvolta nel delitto ma che difficilmente si riesce ad intrappolare; una famiglia al cui capo c’è una donna ormai vecchia, Rakel Murvall, ma che continua a svolgere il suo ruolo patriarcale sui figli adulti e su un clan che somiglia ad una famiglia mafiosa. All’origine della storia lo stupro in un campo della giovane Maria Murvall, ora ridotta ad una larva umana, unica femmina di una serie di fratelli. Malin Fors ha una vita privata complicata: una figlia adolescente,Tove, un marito che ha deciso di allontanarsi dalla famiglia scegliendo di fare il volontario umanitario, un giornalista che la corteggia: eppure non si sottrae allo stress di una indagine difficilissima, che porta lei e i suoi colleghi sempre più in fondo a misteri fitti che sembrano aleggiare intorno al sinistro microcosmo della piccola cittadina, Linkoping, nel cui circondario è ambientata la vicenda. Dal punto di vista letterario l’intrigante intreccio è reso più efficace dalla voce della vittima che, fuori campo, dall’alto di un misterioso aldilà non troppo lontano, segue le indagini e vorrebbe quasi indirizzarle, ricordando ossessivamente le proprie indicibili sofferenze: “Vorrei poter fare qualcosa, ma sono impotente”; il monologo interiore di alcuni dei protagonisti, il dolore infinito, fisico e mentale, che pervade tutto il libro, si alterna al racconto dell’indagine poliziesca, dell’invadenza dei media, dei riscontri burocratici che gravitano intorno ai protagonisti, in una mescolanza di registri linguistici, toni narrativi, in un’alternarsi di colpi di scena e pause riflessive che rendono questo romanzo davvero particolare e diverso da molti altri che sono comparsi nell’ultimo periodo sugli scaffali delle librerie nel reparto “thriller”.
25-08-2010