Autore: Loredana Pedicini
Area tematica: Cinema - Codice dell'autore: NILO2
Recensione «Miracolo a Sant'Anna»
inviato il: 20/10/2008
Il film inizia con una scena particolare ma al tempo stesso realista, svelarvi di cosa sto parlando mi sembra la cosa più ovvia ma lo farò tra un attimo. Iniziamo per gradi..
Andiamo indietro nel tempo quando tutti i ragazzi della mia età non erano ancora nati e molto probabilmente non c’erano neanche i nostri genitori; ma c’era lui, Angelo, un bambino che all’inizio non riusciva a parlare. Solo dopo aver visto, a distanza di tempo, la faccia di un partigiano (che conosceva già) tornerà ad avere una voce e a parlare..
Sto descrivendo l’agosto 1944 quando l’Italia era invasa dai tedeschi che non si fecero scrupolo di uccidere centinaia di innocenti; il film parla della strage di Sant’Anna a Stazzema e Angelo è l’unico superstite di quella carneficina.
A salvare Angelo e un suo coetaneo (morto poco dopo), fu un soldato tedesco che durante l’eccidio era presente; ma purtroppo questo bambino, ormai costretto a scappare dalle grinfie delle SS, cercò di rifugiarsi in una cascina abbandonata.
Il caso volle che a prendersi cura di questo bambino fu un soldato americano insieme ad altri suoi tre compagni; tutti e cinque insieme saranno costretti a nascondersi in un paesino della Toscana presso una famiglia molto modesta simpatizzante per il fascismo, soprattutto il capofamiglia. Lì faranno la conoscenza di alcuni partigiani, tra cui l’uomo che spaventò tantissimo il piccolo Angelo durante il massacro a Sant’Anna.
E’ proprio il partigiano e il soldato americano, sopravvissuto alla guerra,che daranno inizio alla prima scena del film ambientata negli anni ottanta; si troveranno uno di fronte all’altro in un ufficio postale americano. L’incontro del loro sguardo sarà fatale, sarà la miccia che farà tornare a galla quell’odio provato durante la seconda guerra mondiale.
Ma a distanza di tutti questi anni (dal 1944 al 1980) che vita ha vissuto Angelo? Quali sono le sensazioni e le emozioni che ancora porta dentro di se? Ha più pensato al suo “gigante di cioccolato”??
Rispondere a queste domande svelerebbe tutto il finale di questo film, un pochino lungo, forse all’inizio neanche tanto chiaro, ma sicuramente pieno di emozioni.
Un film che spiega che non tutti i tedeschi erano assassini e non tutti i partigiani lottavano contro i tedeschi, si può anche notare la solitudine di quelle donne che vedevano partire i loro mariti per il fronte senza avere da niente e nessuno la certezza di rivederli; come successe a Renata, la protagonista femminile, interpretata da Valentina Cervi.
Ci sono state due scene che mi hanno stupita: la prima quando Negron e Angelo si trovano vicinissimi, uno abbracciato all’altro e il soldato dice di non essere mai stato così vicino ad un bianco. Queste parole forse significavano l’avvicinarsi tra due razze completamente diverse,che iniziavano a conoscersi, anche se in quel momento c’era la guerra.
L’altra scena è l’ultimo abbraccio tra padre e figlia. I tedeschi arrivati nel paesino toscano uccidono tutti, anche Renata e suo padre; quel momento mi ha fatto venire le lacrime agli occhi, loro due abbracciati in un lago di sangue come a significare che neanche la morte li avrebbe mai potuti separare.

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